Ciao uccellino
cosa fai?
Non è un ramo
ciò su cui ti sei posato
e lo vedi com'è alto
com'è scuro com'è immenso,
non lo vedi da dov'è
ch'esso s'eregge?
Non è un ramo,
ciò su cui ti sei posato
è l'aculeo del mio cuore
è l'inaccessibile mio amore.
Veemente il capo tuo
nell'osservanza di color che
dietro queste bianche sbarre
bella mostra fan di se stessi
e cos'è che tu ne pensi dei
boriosi esseri che al di là tu vedi,
che credon la vita aver piegato
al loro giogo mentre quella
dal gioco suo furtivamente
li cancella e chissà, chissà
quanto abietti dobbiamo apparire
quanto stupidi dobbiamo sembrare
a te, a te che puoi e sai volare...
ma se io nel ciel mi lanciassi
non sarebbe per volare,
non sarebbe per volare.
Si, son lacrime queste perle che
il ventre mio rendon pesante,
lacrime che ho sciupato
lacrime che ho svenduto
lacrime che ho buttato
rugiada nel torrente
ebbro filtro di vino e pianto,
ho alzato il calice e brindato
alla sublimazione del mio cuor
in pezzi sì violentemente che
per queste lacrime di pagare
or mi si chiede nuovamente:
tetro umore che celato dentro
cresce doloso e grezzo e il viver mio,
il viver mio come suo prezzo.
Non ho paura nè esagerare voglio,
sol così logorante s'espande
quel che in me porto
che di continuo forte pigia nella
mia mente restando qua
qua adagiato nel basso ventre tal
che di vita e morte in univoco pensiero
di speranze e sogni e l'amor
mio tumefatti l'abbozzato feto,
che nemmeno cullarlo posso
che nemmeno estirparlo posso
e tutti dicono dimentica, si
dimentica che sarai felice
dimenticando però tutti che non
si può dimenticare, beh
mai del tutto ma del resto
la fine mia sarebbe il suo inizio
eppure io, eppur rinunciare non
riesco a tal mio vizio,
questo profondo solco che del
nome suo la forma prende,
cos'io oh, follemente e indecentemente
inverosimilmente così..scioccamente
continuo ad amare ciò
che invero dovrei odiare
chè un nome senza un corpo
è un vaso vuoto, non è
terra nè tantomeno fiore.
Ma se io levassi le mie ali
poi nel ciel mi lanciassi,
riconosco sai d'aver maestose vele
ma loro batter non san di per se stesse
perciò io, s'io nel ciel mi lanciassi
per volare non sarebbe, no,
non sarebbe per volare.
Ed il pensier tuo poi lo intuisco,
si uccellino, ti capisco capisco
nel guardarci questo tuo essere
perplesso ma cos'è, cos'è che
stai facendo adesso?
Fermo mi osservi
col capo torto e l'occhio fisso,
sol per me l'interesse tuo
ora s'è desto ed in questo tuo
guardarmi io mi riconosco
chè spesso mi dicon che son
sprecata per questo posto ed io
son d'accordo nel senso che
d'esser sprecata anch'io lo penso,
ma non tanto per il luogo
quanto per il ceppo:
selvaggia nel sentire
cruenta nel provare
però umana e femmina
son nell'amare e ciò di me
è il congenito dolore
il mio peccato originale,
così ancor mi dicono di
far finta di niente e mi dicono
dicono cosa dicono niente,
giacchè del proprio cor scordar
è catacresi, come l'anima propria
trafiggere e scavare e recidere
e aggiustare, ancora me stessa uccido
di mio pugno e non ho, nemmeno ho
il diritto di piangere il mio lutto.
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