METEM.


ATTO I: LA CORSA.

Tuonante il nero cavallo
altero poi il niveo falco, così
la ragazza dal poliedrico sguardo
veloce tagliava la scia del vento.

Alle sue spalle solo il silenzio d'una terra
una volta creduta sua, anche il ricordo esplose
violento e si sparse per aria poi colò a picco,
com'anche il cuore la terra ed ogni
loro suffisso, tutto, sì tutto ciò ch'aveva
creduto suo fu inghiottito dal muto abisso.

E lei correva seguendo la scia del vento
solo per essere più veloce del tempo,
del tempo passato berciato strappato: quel
tempo segnava il tempo d'un tempo andato,
andato via perchè qualcuno aveva tradito
e tutto ciò ch'era stato suo mai era esistito.

Assieme a lei lungo l' arenoso sentiero
correvan guizzi d'un paesaggio straniero,
ma lei trattenendo la vista correva lesta
chè un monito fermo le fendeva la testa:
" Queste mie parole devi tener a mente:
corri forte ma non guardare niente."

E lei correva tenendo lo sguardo spento
solo per nascondersi da un cambiamento :
il cambiamento che le imperversava accanto
che consacrava il suo dolore con un bel canto,
eppur lei ancor amava quella sua musica persa
e pur se il ritmo spaziava da una base diversa.

All' imbrunire il correr suo sarebbe scaduto
e tuttavia il tempo batteva un giorno perpetuo,
chè s'appar mostruosa una notte senza giorno
logorante è il Mondo senz' un' ombra attorno
e saper non poteva in qual modo sarebbe finita
sì che correre era l'unica carta per salvarsi la vita.










ATTO II: LA VISTA.

Coriaceo il nero cavallo
solerte poi il niveo falco, così
la ragazza dal poliedrico sguardo 
veloce tagliava la scia del vento.

Ma d'intorno l'aria or si rendeva arcana:
luccicava ancora ma in maniera strana
come un sorriso che diviene un ghigno
di fronte al fato che s'annuncia arcigno,
così scesero le tenebre senza permesso
e spodestarono il giorno col suo possesso.

Allora Luna e Sole morirono per un istante

perduti insieme in un abbraccio attenebrante
sì che tra cavallo e cielo vacillò il confino
e la ragazza afferrò l' inizio del suo destino
giacchè gli astri riprendendo il proprio posto
svelarono ciò che prima tenevano nascosto.

Un regno s'elevava alto sopra la linea d'orizzonte

cinto dalla florente selva che vi s'ergeva a fronte,
così il niveo falco scese levando un fausto grido
che riecheggiò per tutto il cielo fin al suo sfrido:
fu allora che dell' eclissi si mostrò l'anima dualista
e la ragazza finalmente potè riaccender la sua vista.

Davanti agli occhi suoi quella foresta verdeggiante

faceva mostra d'un accesso sempre più imminente,
ma vedendo gli alberi ne ricordava una forma diversa
così pianse ricordando una ridente flora andata persa
dopo che col suo amore l' aveva portata ad esistenza
e che per l'amor suo or era solo un'eterna assenza.

Eppur sapeva che di ricordi non si vive ma si fa tesoro

e l'aveva scoperto sperimentando un asfissiante affioro
perduta come l'infanzia spogliata da una mano violenta
ch'usando una sola mossa la lascia per sempre spenta..
ma tra tutte vivere è davvero la scelta più discrezionale 
d'altra parte la vista poliedrica era il suo peccato originale. 










ATTO III: LA FORESTA.

Prudente il nero cavallo
all'erta poi il niveo falco,
così la ragazza dal poliedrico sguardo
quieta varcava lo sconosciuto varco.

Un Mondo nuovo avvolse l'esser suo in un sol secondo

turbandole il greve cuore eppur rendendolo giocondo,
sì ch'accendendo gli occhi s'accorse di veder tutto languido
nonostante percepisse la presenza di un risvolto pallido 
e allora comprese che il bello del vivere è il vivere stesso
non il nuovo nè il diverso,non il come e nemmeno il nesso.

Principiava un mastodontico fiore rosso venato di cobalto

talmente bello da svilire qualsiasi progetto d'un suo assalto
ed aveva tutt'intorno una cornice d'alti arbusti verdeggianti
che celavan le proprie fioriture offrendole poco apparenti
giacchè esse si dipingevano dello stesso colore delle foglie
componendo l' illusione d'una siepe dalle braccia spoglie.

Un percorso s'inoltrava tra alberi variopinti per colori e forme

che la geometria campestre poneva secondo chissà quali norme:
giallo verde bianco viola ocra mogano indaco smeraldo e ciano
poi ancora tondo cono prisma cuspide quadrato cilindro e piano,
lo scenario profondeva l'attitudine ad una potenzialità così indefessa
che la ragazza comprese esser l'occasione per restituirsi a se stessa.

Chè dalla Natura molto si può apprender se s'impara come guardare

e fu per tal ragione che decise di scender dal cavallo e camminare:
la percezione realtà diventa sol se e quando se ne ha piena coscienza
assimilandola attraverso gli altri sensi che la trasmutano in esperienza
e se in principio un intenso dolore le provocò quel suo corpo intorpidito
subitamente s'accorse che proseguendo, in poco tempo già era sparito.

Ma all'improvviso si trovò di fronte ad una veduta entusiasmante:

un muro d'alberi, rotto nel mezzo da un flusso d'acqua sì abbondante
che cascando sulla pianura sottostante la sommergeva totalmente
ponendosi come specchio naturale di quell' ambiente tanto seducente,
allora il niveo falco atterrò sopra la sponda per poter centellinare
e la ragazza avvertì che finalmente era giunto il momento di sostare.











ATTO IV: IL BRIGANTE.


Flemmatico il nero cavallo
avventato poi il niveo falco,
così la ragazza dal poliedrico sguardo
assorta giaceva nell'incantevole antro.

Sognar non è semplice per chi più d'una vita ha già vissuto
e d'inganno morte speranza e croce la sua fibra ha ritessuto:
chè la notte non diviene tetra per il buio che cala tutt' intorno
ma piuttosto per l'efferate tenebre che l'animo rendon adorno
sì che per poter vivere occorre la propria vita non ricordare
eppur in sogno in tutta la sua nefandezza la si vede riaffiorare.

Ma la dimenticanza nel suo senso stretto è solo un'invenzione
di cui questa specie fa artificio senz' averne innata inclinazione,
chè il percepito può ben essere celato nello spazio più angusto
per dopo però riemergere appena richiamato dal simbolo giusto
e d' emblemi la realtà che ci circonda offre opzioni a dismisura 
si chè in utopistica e pericolosa si traduce ogni sorta di censura.

Così lei rapita dalle sue chimere osservò se stessa ripercorrere
tutto il cammino che laido e losco l' aveva costretta a correre e
vide demoni tracolli speranze scontri, finchè vide sì tanto fragore
che di botto sgranò i suoi occhi presa da un impulso premonitore:
s'accorse ch'ora non più giaceva dove placidamente s'era assorta
e pur intuì che della compagnia di cavallo e falco era stata estorta.

"Finalmente ti sei destata ragazza: dormi da non so quante ore e
non è molto educato sai, far attendere sì a lungo il tuo aggressore."
Poi d' improvviso l'oscurità s'accese sconfitta nel chiaror d' un lume
che sorprese il buio come un mistero risolto con la luce dell'acume:

"Voglio sapere quali occhi possiedi ragazza su questa terra straniera,
perchè un cavallo e un falco, da dove sei arrivata e in qual maniera."

"Nera è la libertà che vanto ed aulica ho la coscienza,sagace brigante
e questa brama di cognizione mi svela il traguardo tuo sì accattivante.
Ma attento, son straniera è vero e pur conosco bene l'umano essere
sì che non mi è difficile comprendere le reti ch'egli tanto ama intessere.
E so che se decidessi di non mostrarmi a te mai tu mi lasceresti andare
ma la mia storia è tortuosa, perciò siediti se davvero la vuoi ascoltare."






ATTO V : E FU ATLANTIDE.

Infondato il nero cavallo
intrinseco poi il niveo falco, così
ancor prima del poliedrico sguardo
lei evanescente equilibrava il suo mondo.

“ Faccio obiezione a tal punto ma transigere già più non posso:
Tu menti e a me non piace esser dalla finzione così scosso.”
“Ma fausto uomo! Ancor non ho iniziato questo mio racconto,
com’è possibile che già non riesca a quadrarti il conto?”
“Parli d’un mondo che non esiste,di cui mai si son avute notizie:
non uno che l’abbia visto, nemmeno gira un mito di sue imperizie.”

E arrivò il vento accarezzando la veste ferma della grotta
mentre dentro l’aria ormai intensa fu finalmente rotta:
“Sembra che tu conosca molto più di quanto celi apposta,
e se potrai credermi alle tue domande troverai risposta.
Non son sempre stata carne io,il mio cosmo non ha sostanza:
non materia odore o forma ma sol dell’energia la giusta danza.”

Il viso dissipato nel miraggio d’immagini sospese
rimase immobile poi lei riprese:
“Ma quel mondo,niente e nessuno oramai più sussiste,
solo io, generatrice reggente nonchè unica superstite…
vennero dei demoni a far di noi un usurpo,
allora io usai l’inganno, e uccisi me stessa e il mio mondo dandoci un corpo.”

Metem era il nome di quel cosmo che divenendo materia si fece greve e cadde in basso
finendo su un’immensa distesa d’acqua fitta ch’al contatto suscitò un enorme chiasso:
“Onerati d’un corpo non tutti sopravvissero al precipitoso viaggio e nonostante questo,
beh riuscimmo a reinventarci,faticammo è vero, però poi arrivammo ad un assesto:
nacque così atlantide e per molto tempo si contraddistinse per la prospera e florida vita
finchè un giorno uscì di scena scoppiando in troppi pezzi, dalla mano più dolce tradita.”

“…io ti credo ragazza, ma questo mica mi può bastare, dimmi del tuo poliedrico sguardo
del cavallo e del falco,e pur dimmi riguardo la ragione ch’ha causato quell’atroce bombardo.”  
Chissà perché t’interessa tanto,ma tu vuoi saper cose ch’io ancor non posso raccontare,
solo devo recarmi a Babilonia e..vedi! Già t’ho detto troppo,faresti meglio a lasciarmi andare.”
Un filo causante una brama comune un tacito accordo, così quieto passò il resto della notte
e iniziò comunque il giorno, incurante dell’estenuante vociare di tutte le coscienze rotte.




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