Dentro al precario equilibrio dei corpi
andanti sotto l'emblematico cielo di
questo mio giorno
che non sa se ridere
che non sa se piangere
e cela il dubbio nella catacresi
di un sorriso incerto,
e nella brama vorace delle idee
ansimanti tra i vuoti a perdere di
questo mio giorno
che non sa se ridere
che non sa se piangere
e cela il dubbio nell'amnistia
di uno sguardo perso,
dalla polvere etere lame e cemento
dalle fibre carne fiato e sgomento,
poi ancora dentro
questo mio ibrido giorno
e camminare ascoltare
respirare pensare come
se mai avessi respirato
ascoltato camminato
pensato la vita implodere
nell'orbita di se stessa ed
occupare gli infiniti spazi
antistanti il suo primordiale spiro.
...poi d'improvviso tutti gli anni per terra come i capelli dal barbiere, come la vita che non risponde e il tempo fa il suo dovere.
mercoledì 9 maggio 2012
DI VITA D'AMORE E MORTE.
Il rimorso che annerisce il mio stesso sangue,
è così difficile da spiegare questo senso di colpa
talmente arduo intenderlo decifrarlo,
così crudele possederlo.
La mia carne è un debito che stringo con me stessa,
proiezione somatica di quel che sento.
Dove sei? Dove sei andata dove ti hanno portata
quando ti hanno tolto le bende dove sei fuggita
in quale fiordo ti sei rifugiata, da quale veduta
osservi il tormento della tua ricerca?
Ed ho imparato a muovermi insieme alla
gabbia che mi hanno modellato addosso
così ho visto occhi guardarmi in modo diverso
difforme e simile al mio modo perverso,
ma ogni volta che osservo me stessa e non
m'intuisco capisco percepisco, ogni volta
ancora una volta la mia immagine resta
riversa nel suo riflesso e la mia anima
contorta in un compromesso.
E ho fecondato queste sbarre lucenti e gelide
con le pelli delle fragole che raccolsi nel puerile
bosco dell'età novella, quando uno sciame di
vespe banchettò sulla mia testa ed io vidi sfiorire
i miei anni assieme a quella carminia essenza,
l'ho fatto per sapere se qualcosa sarebbe nato,
e delle gemme son spuntate da questo mio
adorno dolore si sono levate, però mai mai mai
ho potuto ammirarle nel loro sbocciare
ferme nel tempo sono tutte le morti che
in esso si sono stanziate...
crivellato annegato crocifisso impalato
pugnalato sventrato squartato lapidato
giustiziato trafitto strangolato linciato,
povero spirito mio, ho massacrato il tuo
fulgore così tante volte,
tutte le volte che la vita m'ha abbandonata
o che io ho abbandonato lei e
tutte le volte che ho smarrito la strada
o lei s'è dissestata e quelle in cui non
riuscivo potevo volevo vedere la luce
o lei s'era oscurata, tutte le volte ho
lasciato che la mia anima precipitasse nel nulla
poichè nell'imperversare del flusso ho appreso
il modo in cui si rinasce e l'ho scoperto a mie spese,
perciò io ho già saldato il mio dazio e
adesso vorrei sapere se queste mie gemme
potrò mai vederle fiorire, se esiste e dov'è
il mio porto la mia terra promessa
il luogo in cui potrò riposare in pace.
è così difficile da spiegare questo senso di colpa
talmente arduo intenderlo decifrarlo,
così crudele possederlo.
La mia carne è un debito che stringo con me stessa,
proiezione somatica di quel che sento.
Dove sei? Dove sei andata dove ti hanno portata
quando ti hanno tolto le bende dove sei fuggita
in quale fiordo ti sei rifugiata, da quale veduta
osservi il tormento della tua ricerca?
Ed ho imparato a muovermi insieme alla
gabbia che mi hanno modellato addosso
così ho visto occhi guardarmi in modo diverso
difforme e simile al mio modo perverso,
ma ogni volta che osservo me stessa e non
m'intuisco capisco percepisco, ogni volta
ancora una volta la mia immagine resta
riversa nel suo riflesso e la mia anima
contorta in un compromesso.
E ho fecondato queste sbarre lucenti e gelide
con le pelli delle fragole che raccolsi nel puerile
bosco dell'età novella, quando uno sciame di
vespe banchettò sulla mia testa ed io vidi sfiorire
i miei anni assieme a quella carminia essenza,
l'ho fatto per sapere se qualcosa sarebbe nato,
e delle gemme son spuntate da questo mio
adorno dolore si sono levate, però mai mai mai
ho potuto ammirarle nel loro sbocciare
ferme nel tempo sono tutte le morti che
in esso si sono stanziate...
crivellato annegato crocifisso impalato
pugnalato sventrato squartato lapidato
giustiziato trafitto strangolato linciato,
povero spirito mio, ho massacrato il tuo
fulgore così tante volte,
tutte le volte che la vita m'ha abbandonata
o che io ho abbandonato lei e
tutte le volte che ho smarrito la strada
o lei s'è dissestata e quelle in cui non
riuscivo potevo volevo vedere la luce
o lei s'era oscurata, tutte le volte ho
lasciato che la mia anima precipitasse nel nulla
poichè nell'imperversare del flusso ho appreso
il modo in cui si rinasce e l'ho scoperto a mie spese,
perciò io ho già saldato il mio dazio e
adesso vorrei sapere se queste mie gemme
potrò mai vederle fiorire, se esiste e dov'è
il mio porto la mia terra promessa
il luogo in cui potrò riposare in pace.
IN QUESTA STANZA.
In questa stanza dal soffitto di sabbia
in questa stanza col pavimento di foglie,
è tutto sconnesso qua dentro
nulla esiste che sia al suo posto ed io,
io che avevo giurato che mai più l'avrei fatto,
beh, anch'io son fuori posto:
sto celebrando il demonio dai cerei occhi
ed ancora a lui mi concedo in pasto,
ancora ancora ancora e ancora,
come se mai gli avessi dato il finale abbraccio
come se mai se ne fosse andato e
in effetti non l'ha mai fatto.
Eppure l'avevo giurato, mai più mai più
sarebbe successo, ma sono ancora qui
in questa stanza col soffitto di foglie
in questa stanza dal pavimento di sabbia
sono ancora qui e mi sto dando in pasto,
sassi in tutti i miei dintorni sassi,
eppure avevo giurato che mai più l'avrei fatto
l'anima mi esplode fuori e schizza da tutte
le parti, me stessa in pezzi sparsi,
sparsi su queste maledette mura di
foglie sabbia e sassi, così ad ogni mio tocco
si sgretola la stanza mentre lavo via il misfatto
e la mia anima mi crolla addosso.
in questa stanza col pavimento di foglie,
è tutto sconnesso qua dentro
nulla esiste che sia al suo posto ed io,
io che avevo giurato che mai più l'avrei fatto,
beh, anch'io son fuori posto:
sto celebrando il demonio dai cerei occhi
ed ancora a lui mi concedo in pasto,
ancora ancora ancora e ancora,
come se mai gli avessi dato il finale abbraccio
come se mai se ne fosse andato e
in effetti non l'ha mai fatto.
Eppure l'avevo giurato, mai più mai più
sarebbe successo, ma sono ancora qui
in questa stanza col soffitto di foglie
in questa stanza dal pavimento di sabbia
sono ancora qui e mi sto dando in pasto,
sassi in tutti i miei dintorni sassi,
eppure avevo giurato che mai più l'avrei fatto
l'anima mi esplode fuori e schizza da tutte
le parti, me stessa in pezzi sparsi,
sparsi su queste maledette mura di
foglie sabbia e sassi, così ad ogni mio tocco
si sgretola la stanza mentre lavo via il misfatto
e la mia anima mi crolla addosso.
L' ABITO MIO PIU' BELLO.
Mi svegliai e mi levai
guardai il sole in faccia
poichè lui guardava me,
mi spogliai mi levigai e
indossai l'abito mio più bello
poi mi lanciai nel vento e
lui mi strappò i vestiti di dosso,
li vidi volare nel cielo lontano
come lontano nel cielo vola via
la nostra età ed io sapevo
che non sarebbero più tornati
che mai più sarebbero stati
miei, così nuda come nuda
è l'ancestrale nascita
chiamai forte il suo nome,
forte, così forte che rimasi
senza fiato ma lei non si
mostrava a me, così invocai
ancora più forte la sua presenza,
volevo dovevo incontrarla e
gridavo vibravo urlavo d'agognata
attesa, poi arrivò ed io la guardai,
incredula assorta cupida,
non aveva il corvino mantello
e nemmeno il suo scettro
era nuda nuda come me talmente
nuda che le vedevo attraverso
e attraverso lei il mondo appariva
velato sbiadito offuscato di
grigio adornato, poi un sibilo
s'impadronì della mia testa:
"Sono venuta perchè tu mi hai chiamato,
nessuno mi chiama mai e quando arrivo
ognuno mi rifugge, per questo sono venuta
perchè tu mi hai chiamato."
"Ti stavo aspettando io volevo vederti,
perciò benvenuta, ti ho chiamato perchè
dovevo incontrarti, ma perchè non hai
con te la corvina effigie, non mi vuoi?
Non mi vuoi con te mia tetra Signora?"
"Sono venuta perchè tu mi hai chiamato
ma ancora non posso farti mia, non posso,
anch'io soggiaccio a regole e non è ancora
il tuo tempo, ancora non puoi abbandonarti
al mio placido abbraccio."
Disse così poi se ne andò com'era
arrivata, intangibile, così intangibile
che l'aria si fece d'acciaio e mentre se
ne andava mi lanciò un'occhiata e le scrutai
lo sguardo così gelido immenso e rosso
poichè nei suoi occhi scorreva tutto
il sangue dei secoli e nei suoi occhi
zampillava anche il freno del tempo,
ed io ripensai ai miei adorni veli al
modo in cui li avevo persi, chissà
chissà quando l'avrei rivista, perchè
non mi diede una carezza?O una consolazione?
"Signora Morte risponda almeno a questa
mia domanda, mi dica quale è, qual'è
il segreto per vivere?"
Ma le parole mi ripiombarono addosso
sottoforma di pioggia, così chiusi gli occhi
e mi accasciai al suolo nuda sotto l'acqua,
inerme per la mia stessa voce, e quando
tornai a vedere il sole sorridendomi mi
stava a guardare, accanto a me il fiore
arcobaleno era sbocciato e tra i suoi arti
giaceva l'abito mio più bello,
così mi vestii e mi posai
poi ancora un sibilo nella mia testa
ed era talmente nitido e imponente,
ancora un sibilo nella mia testa
forse un monito oppure una risposta...
"E' morire." .
guardai il sole in faccia
poichè lui guardava me,
mi spogliai mi levigai e
indossai l'abito mio più bello
poi mi lanciai nel vento e
lui mi strappò i vestiti di dosso,
li vidi volare nel cielo lontano
come lontano nel cielo vola via
la nostra età ed io sapevo
che non sarebbero più tornati
che mai più sarebbero stati
miei, così nuda come nuda
è l'ancestrale nascita
chiamai forte il suo nome,
forte, così forte che rimasi
senza fiato ma lei non si
mostrava a me, così invocai
ancora più forte la sua presenza,
volevo dovevo incontrarla e
gridavo vibravo urlavo d'agognata
attesa, poi arrivò ed io la guardai,
incredula assorta cupida,
non aveva il corvino mantello
e nemmeno il suo scettro
era nuda nuda come me talmente
nuda che le vedevo attraverso
e attraverso lei il mondo appariva
velato sbiadito offuscato di
grigio adornato, poi un sibilo
s'impadronì della mia testa:
"Sono venuta perchè tu mi hai chiamato,
nessuno mi chiama mai e quando arrivo
ognuno mi rifugge, per questo sono venuta
perchè tu mi hai chiamato."
"Ti stavo aspettando io volevo vederti,
perciò benvenuta, ti ho chiamato perchè
dovevo incontrarti, ma perchè non hai
con te la corvina effigie, non mi vuoi?
Non mi vuoi con te mia tetra Signora?"
"Sono venuta perchè tu mi hai chiamato
ma ancora non posso farti mia, non posso,
anch'io soggiaccio a regole e non è ancora
il tuo tempo, ancora non puoi abbandonarti
al mio placido abbraccio."
Disse così poi se ne andò com'era
arrivata, intangibile, così intangibile
che l'aria si fece d'acciaio e mentre se
ne andava mi lanciò un'occhiata e le scrutai
lo sguardo così gelido immenso e rosso
poichè nei suoi occhi scorreva tutto
il sangue dei secoli e nei suoi occhi
zampillava anche il freno del tempo,
ed io ripensai ai miei adorni veli al
modo in cui li avevo persi, chissà
chissà quando l'avrei rivista, perchè
non mi diede una carezza?O una consolazione?
"Signora Morte risponda almeno a questa
mia domanda, mi dica quale è, qual'è
il segreto per vivere?"
Ma le parole mi ripiombarono addosso
sottoforma di pioggia, così chiusi gli occhi
e mi accasciai al suolo nuda sotto l'acqua,
inerme per la mia stessa voce, e quando
tornai a vedere il sole sorridendomi mi
stava a guardare, accanto a me il fiore
arcobaleno era sbocciato e tra i suoi arti
giaceva l'abito mio più bello,
così mi vestii e mi posai
poi ancora un sibilo nella mia testa
ed era talmente nitido e imponente,
ancora un sibilo nella mia testa
forse un monito oppure una risposta...
"E' morire." .
RAGAZZO CHE FU.
Oggi sono passata da quelle parti sai?
Sono passata davanti a quella casa così graziosa
te la ricordi quella casa così graziosa che avremo
voluto per noi, oggi ci sono passata davanti e
non c'era più, quella casa così graziosa non
stava più lì, abbattuta passata svanita
e c'era una ruspa e c'era un buco,
una ruspa un grosso buco e nessuna casa più,
non c'erano le alte pareti ocra e
nemmeno la porta verde col catenaccio,
non c'erano il sentiero lastricato nè la fontana
di marmo, nemmeno le rose c'erano più.
C'era solo una ruspa che scavava un buco già
scavato, quel buco nato già profondo quel
buco profondo già scavato affinchè nascesse...
ed è arrivato il momento, lo so perchè me lo ha
detto il vento quando ha posato il suo irrequieto
palmo sulla spalla immobile del mio corpo
immobile dentro i suoi immobili pensieri
mentre gli occhi immobili tentavano di mettere
a fuoco l'immobile memoria di una immagine
abbattuta passata svanita.
E' arrivato il momento, si, me l'ha detto il
vento col suo sibilo tiepido ed io che mi
aspettavo un urlo gelido, ho sentito i miei
battiti sconvolgersi al ritmo della sua voce
così come sconvolta è stat'anche la staticità
di quel momento che è arrivato all'improvviso
insieme al vento, si, inaspettato e brusco
questo gelido momento esploso nel respiro
caldo del vento, questo momento, questo
momento che dell'addio è il momento.
E non ho rimpianti non ho rimorsi e nemmeno
massime da dispensare, no ragazzo che fu
non c'è nessuna lezione da imparare
si è affievolita la fiamma e tu l'hai lasciata
svanire, eppure ti avevo servito me stessa su
un piatto d'argento eppure mi tenevi tutta
nel palmo della tua mano sinistra, cos'è
successo a quel punto ragazzo che eri ragazzo
che fu ragazzo che sei stato il mio amore,
cos'è successo a quel punto cosa hai fatto
e dire che avevi il mio cuore nel palmo della
tua mano sinistra ma non hai mai capito mai tu
hai voluto vedere il mio punto di vista così
hai stretto la morsa ma io ho un cuore selvaggio
e l'anima mia contorta si consuma se la mano cui
si dà è quella del dominio, ragazzo che eri ragazzo
che fu ragazzo che sei stato il mio amore e adesso
non lo sei più, non ho rimpianti non ho rimorsi e
nemmeno massime da dispensare solo un pò di
rabbia che graffia l'immobile memoria di una
immagine abbattuta passata svanita come quella
casa così graziosa, te la ricordi quella casa così
graziosa che avremo voluto per noi, abbattuta
passata svanita come l'anemone di luce che mi
scintilla in viso mentre penso che avresti potuto
accogliermi e invece hai cercato di possedermi
mentre percepisco la fine di questa stessa
percezione e mi godo la pace di questo momento,
questo momento che dell'addio è il momento...
Addio ragazzo che eri ragazzo che fu
ragazzo che sei stato il mio amore e
adesso non lo sei più.
Sono passata davanti a quella casa così graziosa
te la ricordi quella casa così graziosa che avremo
voluto per noi, oggi ci sono passata davanti e
non c'era più, quella casa così graziosa non
stava più lì, abbattuta passata svanita
e c'era una ruspa e c'era un buco,
una ruspa un grosso buco e nessuna casa più,
non c'erano le alte pareti ocra e
nemmeno la porta verde col catenaccio,
non c'erano il sentiero lastricato nè la fontana
di marmo, nemmeno le rose c'erano più.
C'era solo una ruspa che scavava un buco già
scavato, quel buco nato già profondo quel
buco profondo già scavato affinchè nascesse...
ed è arrivato il momento, lo so perchè me lo ha
detto il vento quando ha posato il suo irrequieto
palmo sulla spalla immobile del mio corpo
immobile dentro i suoi immobili pensieri
mentre gli occhi immobili tentavano di mettere
a fuoco l'immobile memoria di una immagine
abbattuta passata svanita.
E' arrivato il momento, si, me l'ha detto il
vento col suo sibilo tiepido ed io che mi
aspettavo un urlo gelido, ho sentito i miei
battiti sconvolgersi al ritmo della sua voce
così come sconvolta è stat'anche la staticità
di quel momento che è arrivato all'improvviso
insieme al vento, si, inaspettato e brusco
questo gelido momento esploso nel respiro
caldo del vento, questo momento, questo
momento che dell'addio è il momento.
E non ho rimpianti non ho rimorsi e nemmeno
massime da dispensare, no ragazzo che fu
non c'è nessuna lezione da imparare
si è affievolita la fiamma e tu l'hai lasciata
svanire, eppure ti avevo servito me stessa su
un piatto d'argento eppure mi tenevi tutta
nel palmo della tua mano sinistra, cos'è
successo a quel punto ragazzo che eri ragazzo
che fu ragazzo che sei stato il mio amore,
cos'è successo a quel punto cosa hai fatto
e dire che avevi il mio cuore nel palmo della
tua mano sinistra ma non hai mai capito mai tu
hai voluto vedere il mio punto di vista così
hai stretto la morsa ma io ho un cuore selvaggio
e l'anima mia contorta si consuma se la mano cui
si dà è quella del dominio, ragazzo che eri ragazzo
che fu ragazzo che sei stato il mio amore e adesso
non lo sei più, non ho rimpianti non ho rimorsi e
nemmeno massime da dispensare solo un pò di
rabbia che graffia l'immobile memoria di una
immagine abbattuta passata svanita come quella
casa così graziosa, te la ricordi quella casa così
graziosa che avremo voluto per noi, abbattuta
passata svanita come l'anemone di luce che mi
scintilla in viso mentre penso che avresti potuto
accogliermi e invece hai cercato di possedermi
mentre percepisco la fine di questa stessa
percezione e mi godo la pace di questo momento,
questo momento che dell'addio è il momento...
Addio ragazzo che eri ragazzo che fu
ragazzo che sei stato il mio amore e
adesso non lo sei più.
UNA DONNA RIVERSA SULL'ASFALTO STAVA.
Allucinata alienata allibita
Una donna riversa sull’asfalto
Stava inerme intrisa, corrotta
Come il sole che le scrosciava addosso
E aveva il corpo coperto di sangue
Dalla testa ai piedi
E dai piedi alla testa
Scarlatta carminia di rosso ammantata,
la donna mondava la colpa nell’ombra
scura della cruenta pozza,
memoria di menome tempo
veemente come uno sguardo
che confonde muta sconvolge
come confusa mutata sconvolta
la donna riversa sull’asfalto stava.
Ed assassina come il ricordo
Conficcò nel profano i pugnali,
lo aveva fatto per dimenticare di
una rosa recisa violata negata
e i pugnali eran le sue unghie
sua la carne in cui le affondava
così la donna riversa sull’asfalto
stava madida persa svilita,
il bocciolo chiuso nella mano
sciupato celato azzannato
come azzannato sciupato celato
diviene un segreto proibito
e il bocciolo stretto nella mano
era l’amore che aveva ceduto
e la donna riversa sull’asfalto
come il suo amore perduto.
L'ELEFANTE.
Chi sei tu che mi guardi?
Non mi guardare
non farlo, non così,
non mi guardare come mi guardi.
Inverecondo il tuo sguardo
come procace è l'ultimo quarto
di luna che sfolgorante appena
prima dell'alba subito traspare
nel cobalto del cielo diurno,
trasparente come me
come nuda divengo quando
guardo il tuo sguardo,
occhi che mi vedono
occhi che mi svelano, occhi
che non dovrei vedere eppure vedo.
Come il roboante tintinnio
delle catene che porto,
grevi pesanti come me
come io mi sento quando
guardo il tuo sguardo,
non mi guardare
non voglio esser vista
conosciuta apprezzata, io
voglio essere l'immagine
che vidi un giorno,
solo pelle solo ossa
come l'immagine che ho visto
solo ossa pelle e un ghigno,
il ghigno sereno del trapasso
di chi ha dissetato la propria
sete con fresca acqua
ed era fango asciutto.
Non mi guardare
non farlo, non così,
non mi guardare come mi guardi.
Inverecondo il tuo sguardo
come procace è l'ultimo quarto
di luna che sfolgorante appena
prima dell'alba subito traspare
nel cobalto del cielo diurno,
trasparente come me
come nuda divengo quando
guardo il tuo sguardo,
occhi che mi vedono
occhi che mi svelano, occhi
che non dovrei vedere eppure vedo.
Come il roboante tintinnio
delle catene che porto,
grevi pesanti come me
come io mi sento quando
guardo il tuo sguardo,
non mi guardare
non voglio esser vista
conosciuta apprezzata, io
voglio essere l'immagine
che vidi un giorno,
solo pelle solo ossa
come l'immagine che ho visto
solo ossa pelle e un ghigno,
il ghigno sereno del trapasso
di chi ha dissetato la propria
sete con fresca acqua
ed era fango asciutto.
DOLCE e MESCHINA.
Dolce e meschina la furia del tempo
che tacito vortica sui miei dintorni
e tacita anch'io ne seguo l'esempio:
cos'è un gemito se non desiderio soffuso?
Assordante il muto suono di questo mio
pensiero che grida brama insorge
lungo l'assillo della strada sbiadita,
sui fumi e i contorni e sulle immagini
e i giorni, non voglio fermarlo non
posso fermarlo e lui sbatte rabbioso
contro il palmo del vento ma
il vento è bufera che celere spira
così la voce si perde tra queste chimere
giacchè tra gli angoli della coscienza
non mi è concessa la scelta
mai quando inizia la danza.
Chi nelle tenebre non confonde i volti?
Io non gli appartengo nè sono affar vostro
non appartengo neanche a me stessa
io sono demanio solo del Mondo
che così m'ha fatta perciò son ciò che sono,
solo s'innalza ancora il pensier mio e
fugge nella fulminea sfilata di corpi
fluttuanti icone sui loro passi,
e vibra l'incontro di materia e ombra:
conosco questo suono gentile, ne
conosco lo sguardo com'anche il tocco
eppur ora mi pare follia,
eppur ora è un rombo di tuono che
esige la placida ira d'una tempesta
proibita, la conoscenza non è gradita
ed infine non c'è bisogno che qualcun'altro
sappia del mio dolore, questo nuovo
dolore di cui non conosco volto e sapore
eppure mi è dolce eppure mi è caro
quando invoca il mio nome
ed io rispondo impossibile.
che tacito vortica sui miei dintorni
e tacita anch'io ne seguo l'esempio:
cos'è un gemito se non desiderio soffuso?
Assordante il muto suono di questo mio
pensiero che grida brama insorge
lungo l'assillo della strada sbiadita,
sui fumi e i contorni e sulle immagini
e i giorni, non voglio fermarlo non
posso fermarlo e lui sbatte rabbioso
contro il palmo del vento ma
il vento è bufera che celere spira
così la voce si perde tra queste chimere
giacchè tra gli angoli della coscienza
non mi è concessa la scelta
mai quando inizia la danza.
Chi nelle tenebre non confonde i volti?
Io non gli appartengo nè sono affar vostro
non appartengo neanche a me stessa
io sono demanio solo del Mondo
che così m'ha fatta perciò son ciò che sono,
solo s'innalza ancora il pensier mio e
fugge nella fulminea sfilata di corpi
fluttuanti icone sui loro passi,
e vibra l'incontro di materia e ombra:
conosco questo suono gentile, ne
conosco lo sguardo com'anche il tocco
eppur ora mi pare follia,
eppur ora è un rombo di tuono che
esige la placida ira d'una tempesta
proibita, la conoscenza non è gradita
ed infine non c'è bisogno che qualcun'altro
sappia del mio dolore, questo nuovo
dolore di cui non conosco volto e sapore
eppure mi è dolce eppure mi è caro
quando invoca il mio nome
ed io rispondo impossibile.
SALENTINO.
Quando spira il vento
ma l'oceano quieto pare
la parvenza è placida
ma inquieta la fazione,
così intrecciata la trama
sconosciuti i filamenti:
luccicanti d'aurea membra
o corvini di tetra spoglia?
Però il tempo con la sua corsa
sovente incalza l'oscura falce
e tra l'uno e l'altro despota
sola scelta resta il balzo,
così avventando la tua essenza
tra le acque la percepisci andare
ove sfuma il confine tra cielo e mare.
SALENTINO: RIPRESA IN DIESIS.
Poi si placa il vento
e l'oceano allor s'infuria,
la scena non più quieta
mette sempre un pò paura..
però, si spiega un pò la vela:
chiaro scuro il mio destino
ma che importa por confino
se del ritmo abbiam dominio?
però, il tempo con la sua corsa
sovente incalza l'oscura falce
e anelando catacresi
sfuma la trama...
scelgo il balzo.
ma l'oceano quieto pare
la parvenza è placida
ma inquieta la fazione,
così intrecciata la trama
sconosciuti i filamenti:
luccicanti d'aurea membra
o corvini di tetra spoglia?
Però il tempo con la sua corsa
sovente incalza l'oscura falce
e tra l'uno e l'altro despota
sola scelta resta il balzo,
così avventando la tua essenza
tra le acque la percepisci andare
ove sfuma il confine tra cielo e mare.
SALENTINO: RIPRESA IN DIESIS.
Poi si placa il vento
e l'oceano allor s'infuria,
la scena non più quieta
mette sempre un pò paura..
però, si spiega un pò la vela:
chiaro scuro il mio destino
ma che importa por confino
se del ritmo abbiam dominio?
però, il tempo con la sua corsa
sovente incalza l'oscura falce
e anelando catacresi
sfuma la trama...
scelgo il balzo.
DI SOGNI E VITA.
E quali effigi scortano il tuo sonno?
Di quali chimere vesti i tuoi sogni?
Vedo il mare,scorgo terre e poi noto un raggio di sole irromper tra le stelle,
là dove gorgheggian le sirene mentre in alto ammantano le fate,proprio là ove
volteggiano i pensieri e dov'anche in effimera danza s'esibiscono i desideri.
Vedo uomini,scorgo donne e poi ancora ore giorni anni,in retrospettiva spirale
turbinano venturi istanti ed alterandosi l'assurdo in reale il veritiero diviene incerto
ed è proprio là che i tuoi demoni zompeggiano.
Il confine è sottile,poco diversi i due mondi ed alzandosi lucente sipario
ancora mare,ancora terre e di nuovo il sole e le stelle
ancora uomini,ancora donne e poi il tempo e quei demoni..
E quali icone ammaliano la tua veglia?
Di quale veduta addobbi il verace?
Quando in sogno vivi e in vita sogni.
Di quali chimere vesti i tuoi sogni?
Vedo il mare,scorgo terre e poi noto un raggio di sole irromper tra le stelle,
là dove gorgheggian le sirene mentre in alto ammantano le fate,proprio là ove
volteggiano i pensieri e dov'anche in effimera danza s'esibiscono i desideri.
Vedo uomini,scorgo donne e poi ancora ore giorni anni,in retrospettiva spirale
turbinano venturi istanti ed alterandosi l'assurdo in reale il veritiero diviene incerto
ed è proprio là che i tuoi demoni zompeggiano.
Il confine è sottile,poco diversi i due mondi ed alzandosi lucente sipario
ancora mare,ancora terre e di nuovo il sole e le stelle
ancora uomini,ancora donne e poi il tempo e quei demoni..
E quali icone ammaliano la tua veglia?
Di quale veduta addobbi il verace?
Quando in sogno vivi e in vita sogni.
ICONOCLASTIA.
Seduta sulla cima del mondo
osservo in silenzio la porta dell'oblio
mentre l'occhio notturno del cielo
veglia su di me e sui miei pensieri
riflessi nei suoi plastici ibridi.
E' in queste menomi parti di tempo
che compio catacresi dei miei luoghi
poichè da questa veduta essi
pompeggiano sfarzosa bellezza ed
io speranzo il loro perdono.
Ma è sempre in queste menomi parti di tempo
ed è sempre su questa veduta che non
riesco a trattenere detonazioni delle
spere della sostanza mia e le
sento piombare nel vestito vuoto
quasi quei luoghi divenissero
caleidoscopica sembianza di me.
Ed è ancora in queste menomi parti di tempo
ed è ancora su questa veduta che sperimento
la cristallizzazione della mia anima
sparpagliandola in tutti i miei dintorni...
Qualcuno noterà quei riflessi di diamante?
E ne vorrà fare cupile ghirlanda?
Speranzo, speranzo ancora
ma a volte percepisco un presentimento infinito,
infinito presentimento d'iconoclastia.
QUEL GIORNO.
Quel giorno
mi chiesero se credessi nell'amore.
Sorridendo risposi
d'aver bisogno di credere nell'amore.
Perchè ho vinto la battaglia contro l'oscura falce.
Quel giorno
mi chiesero perchè credessi nell'amore.
Sorridendo risposi
d'aver bisogno di credere nell'amore.
Perchè altrimenti dovrei riconoscere un crimine in un'ingiuria.
Quel giorno
mi chiesero se temessi di credere nell'amore.
Sorridendo risposi
d'aver bisogno di credere nell'amore.
Perchè ho imparato che la paura è la madre del coraggio.
Osservandomi in un riflesso,
quel giorno
mi chiesi cosa pensassi dell'amore.
Piangendo risposi:
"Come l'aria
quando sai che non potrai più respirare."
mi chiesero se credessi nell'amore.
Sorridendo risposi
d'aver bisogno di credere nell'amore.
Perchè ho vinto la battaglia contro l'oscura falce.
Quel giorno
mi chiesero perchè credessi nell'amore.
Sorridendo risposi
d'aver bisogno di credere nell'amore.
Perchè altrimenti dovrei riconoscere un crimine in un'ingiuria.
Quel giorno
mi chiesero se temessi di credere nell'amore.
Sorridendo risposi
d'aver bisogno di credere nell'amore.
Perchè ho imparato che la paura è la madre del coraggio.
Osservandomi in un riflesso,
quel giorno
mi chiesi cosa pensassi dell'amore.
Piangendo risposi:
"Come l'aria
quando sai che non potrai più respirare."
Iscriviti a:
Post (Atom)